SUPERBONUS: QUALI CONSEGUENZE SUI CONTRATTI DI APPALTO CON IL DIVIETO DI CESSIONE DEL CREDITO?
Lo scorso 17 febbraio è entrato in vigore il decreto legge n. 11/2023, con il quale l’attuale Governo è nuovamente intervenuto sulla disciplina del c.d. Superbonus.
Uno degli aspetti più rilevanti, e anche più discussi, riguarda l’introduzione del divieto di cessione del credito fiscale, salvo alcuni casi eccezionali espressamente previsti dalla norma (consultabile clicca qui sopra).
Lo stop alla cessione del credito, con molta probabilità, porrà per taluni beneficiari problemi nella realizzazione dei lavori e/o nella loro prosecuzione per mancanza di liquidità.
Il sistema del Superbonus, infatti, si sostanzia, dal punto di vista giuridico, sulla conclusione di due diversi negozi:
- un contratto di appalto, intercorrente tra il committente e l’appaltatore;
- un contratto di cessione del credito tra l’appaltatore o il committente e un istituto bancario.
Date le premesse, sorge spontaneo chiedersi se, pur trattandosi di due differenti rapporti contrattuali, il blocco della cessione del credito possa produrre degli effetti sul negozio d’appalto.
Su tale questione alcuni autori si sono già espressi ipotizzando delle soluzioni per quanto riguarda la posizione del committente o dell’appaltatore.
Il primo, trovandosi in assenza di liquidità a causa dell’impossibilità della cessione, potrebbe esercitare il diritto di recesso unilaterale previsto dall’art. 1671 c.c. Tale norma, infatti, consente al committente di recedere dal contratto, anche se è già iniziata l’esecuzione dei lavori, con però l’onere di indennizzare l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
Nel caso, invece, dell’appaltatore che si trova nell’impossibilità di adempiere alla prestazione per insufficienza di risorse economiche, l’individuazione dei rimedi da esperire divien più complessa.
Una tesi avanzata è quella di considerare la cessione del credito quale presupposizione o condizione risolutiva espressa del contratto di appalto.
La presupposizione è un istituto non codificato, ma ormai ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza, avente ad oggetto quella situazione di fatto, non espressamente enunciata dai contraenti in sede di stipulazione, ma considerata presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o meno dipende da circostanze non imputabili alle parti.
Coloro che intendano portare avanti tale prospettazione, tuttavia, devono considerare il fatto che, tutt’oggi, non risulta di facile soluzione l’individuazione delle azioni esperibili dalla parte che intenda far valere il venir meno della presupposizione del contratto.
Su tale questione si segnala che, una parte della giurisprudenza di legittimità ritiene azionabile il rimedio della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c.
AVV. LAURA BARTESAGHI
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